Franck Piccard allo Scij: oggi si cerca solo la potenza, le gare sono diventate troppo pericolose


Franck Piccard.pngdi Dario Cavaliere

LES SAISIES (FRANCIA) L’occasione è data dalla disputa in Val d’Arly, poco lontano da Megève, dei Campionati Mondiali giornalisti di sci, organizzati dallo Scij (lo Ski Club International des Journalistes, fondato nel 1955 per aggirare in un certo senso i legacci messi alla stampa dall’allora guerra fredda, facendo così comunicare giornalisti dei due blocchi) manifestazione giunta alla 66^ edizione che mette a confronto sciatori di una trentina di nazioni in gare di gigante e fondo. Un momento di incontro e sana competizione sportiva, ma anche di confronto sulle principali tematiche della professione a livello globale.


Siamo a Les Saisies a 1650 metri sul livello del mare, nell’area dell’Alta Savoia all’interno dell’Espace Diamant bellissima area sciistica di quasi 200 km di piste conosciuta in tutto il mondo per la sua neve ed i suoi panorami, ma nell’occasione siamo nell’impianto di sci nordico, costruito in occasione delle Olimpiadi di Albertiville, che ha ospitato i giornalisti per la difficile gara di fondo dei mondiali.

Gli organizzatori belgi della rassegna iridata (la città di Charleroi qui vicino possiede una struttura costruita a cavallo degli anni ’50 e ’60 per portare in vacanza i bimbi orfani dopo il disastro di Marcinelle dove 262 minatori di cui 136 italiani, perirono a seguito di un incendio nella miniera Bois du Cazier sita nell’area della città belga. Qui sono stati ospitati i 150 partecipanti alla manifestazione che per questo legame con la storia ha avuto per i “nostri” un pizzico di emozione in più) annunciano nel post gara l’arrivo di un ospite d’eccezione ed i giornalisti storicamente curiosi iniziano a farsi domande. Ad un certo punto, lungo il tracciato di fondo, arriva di buon passo una sagoma minuta, vestita di nero. Fisico asciutto ma nervoso, incedere sapiente sugli attrezzi. Arriva a tiro del gruppo, si toglie gli sci e si avvicina sorridendo.

“Signori, vi presento Franck Piccard”, dice lo speaker della gara.

Ma “quel” Franck Piccard, ci chiediamo?

Lo sciatore francese col nome angolofono dato dal padre in onore di Franck Sinatra? Quello che fu il primo sciatore a vincere l’oro olimpico in Supergigante e che vinse 3 medaglie in due diverse Olimpiadi, più un’altra ai mondiali?

Abituati ai superuomini di adesso nelle discipline veloci il paragone sembra quasi irriverente. Applaudito dalla folla, per emergere e farsi vedere da tutti sale su una panca; scappa da ridere perché in calzamaglia nera sembra più un ballerino, ma a guardare bene, viso e sorriso sono i suoi, inconfondibili. Quelli che ancora oggi fanno bella mostra su un francobollo celebrativo del Paraguay emesso dopo Albertville 1992.

- Ma che ci fa con gli sci da fondo? È la prima domanda che gli vien recapitata…

“Io sono nato qui ed abito qui da sempre, dice indicando una casa poco distante. Ho smesso con la discesa nel 2000 poco dopo la fine della mia carriera e qualche anno dopo mi sono appassionato a questa disciplina. Avevo bisogno di muovermi e rimodellare il corpo perché dopo la carriera sportiva agonistica ero in difficoltà fisica per via degli infortuni e in questo modo ho avuto la possibilità di sistemare le cose. Ho iniziato con lo skating perché era un movimento vicino a quello che si faceva nello sci alpino, poi adesso faccio la tecnica classica che per me è stato difficile e faticoso imparare perché totalmente nuova”.

Chi è stato sportivo ad alto livello bene o male rimane tale per sempre ed infatti…

“Essendo agonista mi sono allenato, ho iniziato a macinare chilometri e poi piano piano ho iniziato a gareggiare sulle lunghe distanze. 40, 50 ed anche 60 chilometri. Ho viaggiato tanto, Finlandia, Russia, mi son allenato in Svizzera. Tutte le gare su lunga distanza che potevo affrontare andavo a farle. Gareggio quasi ogni weekend, perché amo divertirmi con gli amici facendo questo sport. Prima durante i 2 minuti della discesa pensavi a niente, eri solo istintivo. Adesso invece la mente può spaziare in serenità. Devi gestire e gestirti lavorando su te stesso, trovando le motivazioni”.

“3 anni fa ho poi iniziato a condividere questi momenti fantastici su Facebook, prosegue Piccard. Piccoli testi e foto. Gli amici hanno iniziato ad apprezzare questa idea e mi hanno dato la spinta per iniziare a scrivere un libro che è stato pubblicato a Natale. Sono molto fiero di averlo fatto anche perché, fin da studente, non pensavo di esser capace di scrivere qualcosa”!

All’apparenza leggermente emozionato davanti ad una platea del genere non perde mai il sorriso e si sottopone di buon grado al fuoco di fila di giornalisti di mezzo mondo.

- Non le è mai mancato il circo bianco?

“E’ stata una scelta maturata ed arrivata pian piano. Nel 1996, a 32 anni, ho lasciato l’alto livello ed ho continuato a fare gare minori fino a smettere del tutto qualche anno dopo. Dovevo pensare alla famiglia. Prima il negozio di articoli sportivi (dove nel seminterrato ci sono i trofei sportivi con le medaglie mondiali e olimpiche; ndr), poi due anni dopo io e mia moglie abbiamo iniziato a costruire l’hotel, che abbiamo chiamato Hotel Calgary (e dove c’è la suite Franck Piccard; ndr)”.

Calgary è il nome della località in cui Franck vinse l’oro olimpico e storia vuole che la terra su cui è costruito, sia stata regalata a Franck dal Sindaco di allora come premio per l’oro vinto in Canada. Chiamarlo in quel modo era più che doveroso…

- Come è cambiato lo sci da quando correva lei?

“La disciplina è cambiata tanto rispetto al passato. Quando ero giovane la tecnica era la cosa principale, mentre adesso invece si ricerca la potenza fisica. Io oggi sono 70 chili e quando correvo ero 75. Avevo solo 5 chili in più tutti nelle gambe. Oggi è necessaria molta forza e sta diventando uno sport altamente pericoloso. Vedendo gareggiare i nostri figli adesso ho paura, perché i rischi sono al massimo anche perché le nuove attrezzature permettono di andare sempre più veloce. La cosa mi rattrista perché non riesco più a guardare uno sport che amo diventare sempre più rischioso”.

“Il tutto in meglio per lo spettacolo che è fantastico da guardare – prosegue il campione - ma non certamente meglio per gli atleti. Le nuove generazioni vanno sempre più veloci senza la possibilità di controllare davvero tutti i movimenti e le potenzialità degli sci di oggi. I giovani sono in difficoltà perché la percentuale di infortuni fin dalle categorie giovanili è alta e quasi tutti si sono rotti sicuramente almeno un ginocchio”.

- Chi sono oggi i suoi campioni preferiti?

“A dire il vero oggi seguo forse di più la nazionale del fondo o del biathlon, ma ci sono tanti atleti forti. Marcel Hirscher è un mostro, ma Alexis Pinturault per me è fortissimo”.

E Franck ha ragione dato che il francese, eccezion fatta per la libera, è già andato a podio in tutte le discipline, compreso Combinata, Supercombinata e Parallelo.

Un collega argentino chiede se dopo la medaglia olimpica sia stato considerato un eroe di Francia, visto che un campione del suo paese per una vittoria ha goduto di un vitalizio di stato…Ma le realtà nel mondo sono decisamente diverse.

“Da noi non è così…o almeno credo visto che adesso la popolarità dello sci alpino sta aumentando anche in Francia. Penso a Jean Claude Killy che a Grenoble 1968 di medaglie d’oro ne vinse 3 nella stessa Olimpiade e continuò a condurre una vita normale.

Quando ho vinto la medaglia ero ansioso perché molto giovane. Fin da piccolo sognavo di vincere quella medaglia e una volta vinta mi chiedevo: cosa faccio adesso? Così ho cambiato prospettiva per poter ricercare un nuovo obiettivo da raggiungere”.

L’ennesimo sorriso alla platea poi un cenno di saluto con la mano. Scende dalla panca e idealmente il campione sparisce e torna ad essere il Franck Piccard di tutti i giorni. Guardarlo allontanarsi con gli sci da fondo dà esattamente la percezione del cambio di obiettivi.

Bonne chance Franck…